Londra( P.B. Olland) : Come spiegare “Get Back” la docuserie diretta da Peter Jackson sui Beatles arrivata su Disney+ ? Dire che è bella ci sembra poco. Dire che è grandiosa, ci sembra riduttivo cioe’ che nemmeno il senso della parola riuscirebbe a far capire.
Potremmo dire che non ci siamo fermati a vederla una volta, ma siamo entrati in un loop continuo per rivederla e rivederla ancora. Il perchè è chiaro, e’ un opera d’arte intima della genialita’ dei Beatles.
Sono tre puntate che non vorresti mai che finissero. E’ come una porta che sia apre sul dietro le quinte di un gruppo geniale e immportale, lo spettatore ha quasi il senso di disturbarli mentre stanno creando la loro arte, e si riamane in punta di piedi e in silenzio fino alla fine.
Le litigate tra i 4 ragazzi di livepool da cui alla fine escono capolavori come Let It Be o come Gimme Some Truth, che finirà su Imagine di John Lennon.
Prove, vocalizzi, sperimentazioni con suoni, ore ed ore a provare un ritornello in chiave di basso, per poi cancellare tutto e ripartire da zero. Si vede un gruppo di amici affiatato, eppure solo un anno e mezzo dopo si sarebbero sciolti, per consegnare alla leggenda la storia di un gruppo e la loro musica immortale.
In “Get Back” si possono vedere rare occasioni di quando la passione andava oltre il business e il mercato discografico, insomma quando si faceva la vera musica.
Sono giovanissimi, non hanno ancora trent’anni. George e Ringo si dicono “Happy New Year”, come colleghi che il 2 gennaio si ritrovano al lavoro dopo le feste, si respira e si vede tutta la normalità di un gruppo che sui palchi del mondo erano acclamati come eroi, miti, marziani, mentre li in studio sono giovani uomini professionisti a sperimentare l’arte in tutte le sue forme.
E quando si vede Paul e John che ballano un rock‘n’roll scatenato sulle note di Blue Suede Shoes. Sembrano due fidanzatini, nulla a che fare con due persone che si odiano. L’odio non c’e’ e non c’e’ mai stato, forse competizione tra due geni “ribelli”, ma profonda stimae soprattuto amicizia.
In una intevista recente Paul dice che si e’ pentito di una cosa solo nella vita :” Quella di non aver mai detto ti voglio bene a John Lenon , peccato erano altri tempi dove l’uomo doveva fare l’umo… pero’ oggi mi sono pentito, mi spiace veramente”
Ecco quanto “odio” c’era tra i due! La docuserie “Get Back” non è fatta per conoscere i Beatles, per intendersi non è una mini serie dove alla fine capisci chi erano i Beatles, ovviamente loro sono qualcosa di più, qui’ c’è materiale per chi sa molto dei Beatles, delle peculiarita’ intime, soprendenti, che spiazzano e che vanno ad arrichire la storia dei Beatles.
Lavorano a possibili armonizzazioni per Don’t Let Me Down John è contento, Paul anche. George borbotta: «Penso che siano orrende, in realtà». E finisce lì, per fortuna.
L’ultimo concerto sul tetto e George poco dopo dira’ ” ecco l’ultimo concerto, non ci saranno più concerti sul tetto” Paul e Mo sono gli unici davvero tristi. Oppure emergono episodi come questo, quando una mattina Paul arriva con un riff in testa, lo accenna mentre George e Ringo gli sbadigliano in faccia. Poi se ne accorgono. George inizia ad accompagnarlo. Ringo batte le mani. Stanno scrivendo Get Back sul momento.
Schezi, battute come quando Glyn Johns chiede a Ringo di mettere una sordina per smorzare il suono della batteria, John grida: “L’unico che smorza qui sei tu, Glyn Johns!”
Un’altra scena figa: John e Billy trasformano il discorso “I have a dream” di Martin Luther King in I Want You (She’s So Heavy).
Poi da questo docufilm vedi e capisci i caratteri dei 4 ragazzi, ad esempio Il livello di scontrosità di George è misurabile grazie alla sua barba. Sembra che si rasasse solo nelle giornate buone, quando poteva farsi vedere sorridente. La barbetta, invece, significava problemi.
Mc Cartney dopo aver visto il documentario ha detto:” Un ritratto molto accurato di come eravamo allora»
In Get Back c’é la risposta del perché i Beatles sono ancora vivi, sono ancora amati, perché la loro musica affascina ancora e forse piu’ di allora, “Sono icone perché la musica era straordinaria,In quelle canzoni c’era gioia », ha detto Jackson. «In quelle canzoni c’era gioia. Quella gioia contagiosa fa parte della psiche collettiva». E tutto questo e’ Get Back.
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